giovedì, marzo 31, 2005

Poveri e disperati

Disperati e più disperati fanno ormai parte delle classifiche stilate e studiate dagli analisti del libero mercato globalizzato ed ultracapitalista. Possiamo dire che la faccia peggiore della globalizzazione sta per compiere altri passi da gigante. Leggo questa mattina che "Il Congresso Usa sta per varare un nuovo accordo commerciale detto CAFTA, cioè un accordo per il libero mercato fra Usa e paesi centro americani devastati dalla povertà indotta dai genialodi del gigante americano : Guatemala, Nicaragua, Honduras, Costa Rica ed El Salvador". Tale accordo permetterebbe alle multinazionali di risparmiare ancora sulla forza lavoro, spostando le produzioni da paesi dell’America latina, la cui manodopera è ormai considerata “cara”, ai paesi diciamo "meno costosi" dell’America centrale sopraelencati tra cui l’ex rivoluzionario Nicaragua. E stato calcolato dagli analisti delle Corporation USA che un’ora di lavoro di un operaio nel Salvador, costa circa 60 centesimi. In Nicaragua e Repubblica dominicana le paghe sono persino inferiori . Un’ora di un operaio Usa, invece, costa 16 dollari.
La parola d'ordine dell'accordo rimane quindi “Meglio avere uno stipendio misero che non avere alcun stipendio”.

Forse chi ha coniato tale slogan avrà qualche problema poi a spiegarlo ai lavoratori messicani, per i quali si attendono imminenti licenziamenti in massa per lo spostamento delle produzioni in terre più economiche.
E così per giocoforza gli operai delle “maquiladoras” messicane al confine con il Texas hanno perso il primato della disperazione, visto che sono ritenuti troppo cari , e c'è chi (più disperato)costa meno di loro.
Perso il primato perderanno anche il lavoro.
Ma chissà, se in futuro torneranno in cima alla classifica della disperazione allora forse....

L'articolo lo trovate su : Global Exchange

Il Mallinza

7 Comments:

At 4:58 PM, Anonymous Anonimo said...

Caro Luca questa cosa mi ricorda un po' quello che sta succedendo nel nord est, da noi...con i paesi dell' est al posto di quelli centroamericani. Decine di imprese hanno chiuso i battenti e gettato centinaia di famiglie in mezzo ad una strada per spostare la produzione verso altri lidi, dove la manodopera è più a buon mercato. "Uno stipendio misero è meglio di nessuno stipendio"...già, ma...e quelli che vengono licenziati a causa dell'outsourcing che stipendio prendono?
Comunque, il libero mercato senza regole e senza contrappesi porta solo alla creazione di maggiori ingiustizie. Globalizzate o no. Ma pare proprio di si.

 
At 4:59 PM, Anonymous Anonimo said...

Domanda retorica: come mai nel Centro America il salario è così basso?
Le confederazioni sindacali nicaraguensi che mi dicono in proposito?
I raccoglitori di banane del costarica vengono ancora pagati con buoni spesa?
E' ancora in uso quella simpatica tradizione tipicamente sudamericana per cui i sindacalisti vengono fatti sparire (vedi Cile o Argentina) o uccisi (vedi Chico Mendes)?

 
At 5:00 PM, Anonymous Anonimo said...

Beh luca c'era da aspettarselo...
anche perchè gli ultrà del mercato libero di sicuro non hanno uno stipendio misero...

 
At 1:36 PM, Anonymous Anonimo said...

Il buffo è che i minori costi non si trasformano in risparmi per il consumatore finale, così potrebbero saltare fuori le risorse per il rinnovamento mentale e tecnologico delle nuove aziende. Per quanto riguarda le confederazioni sindacali di solito questi felici paesi i sindacalisti li fanno abitare al cimitero. Qualche non troppo tempo fa succedeva anche nella felice Italia (non solo quella del ventennio). Che felice paese il nostro, si può produrre a meno e vendere più caro, tanto una velina e una coscia notturna anestetizzano l'italiano. Dimenticavo, c'è pure il calcio.

 
At 1:39 PM, Anonymous Anonimo said...

Volevo solo farvi notare che l'idea per cui la globalizzazione distribuisca (arbitrariamente) una quantità FISSA di lavoro (l'esempio di GEB dei 100 posti in tutto) si chiama, in economia, "lump of labour fallacy". E la cosa interessante è che è invocata contemporaneamente dalla destra protezionista e reazionaria (fra gli oppositori al Congresso del CAFTA trovare le lobbies del tessile e dello zucchero, oltre ai predicatori evangelisti tipo Buchanan, e da noi i vari leghisti che invocano dazi e protezionismi vari), e dalla sinistra "naive" e benintenzionata. Se volete potete leggere sull'argomento questo saggio di Paul Krugman, decisamente il contrario degli "ultra del libero mercato" e puntiglioso "debunker" della non-economia di Bush:
http://www.pkarchive.org/column/100703.html.
Il livello dei salari reali ("reali" non come contrapposizione di "finti", ma di "nominali") dipende dalla produttività, e la bassa produttività è responsabile dei bassi salari, non il contrario. (Fra l'altro, la bassa o nulla crescita della produttività "multifattore" è buona parte delle ragioni del "declino" italiano).
Ma la produttività, e quindi i salari reali, CRESCONO con lo sviluppo di attività produttive, e quindi degli investimenti, e in una regione con un mercato interno di soli 33 milioni di abitanti poveri, queste attività implicano esportazione di prodotti e importazione di beni capitali - commercio, insomma - senza di che quei paesi rimangono ancorati all'esportazione di commodities (banane) o di servizi come il turismo, la cui produttività ha un limite quasi-naturale, e piuttosto basso.
Notate che questi non sono principi dell'economia "capitalista" ma dell'economia tout-court, sui quali si sono rotti la testa gli economisti sovietici per tutta la durata di quella esperienza nel tentativo di conciliarli con il divieto "ideologico" anche solo di nominarli.
Ammetto che tutto questo suoni molto irritante, ma se non vengo abbattuta e a qualcuno interessa posso tentare di spiegarmi più compiutamente.

 
At 1:41 PM, Anonymous Anonimo said...

probabilmente ci vorrà troppo tempo affinchè questa dama infernale delle imprese che si spostano sul pianeta alla ricerca del disperato più disperato finisca, distribuendo più equamente risorse presso tutti. Nell'attesa, temo che molte economie saranno distrutte. In mancanza di leggi adeguate a tutela dell'ambiente, molti di questi paesi che accolgono industrie a braccia aperte vedranno infestato il proprio territorio ed avvelenate le persone.E se qualcuno crede che sia troppo catastrofista, guardi all'Italia tutta, dalla quale le imprese fuggono, e guardi a Bopal (India) dove era più comodo andare a produrre veleni...Noi occidentali ci siamo costruiti il nostro mondo industrializzato con fatica e rivoluzioni nel corso di secoli, ed ora qualcuno pretende di esportarlo altrove per sfruttare meglio e guadagnare di più. Ma questi industriali itineranti si sono chiesti chi potrà ancora acquistare beni di consumo che producono, se aumentano la disoccupazione e la povertà?

 
At 1:43 PM, Anonymous Anonimo said...

Senti un po' manuela : Ammettiamo che in Italia uno stipendio mediocre sia pari a mille euro. Un affitto in una casa sfigata nella Milano nord ammonta a 500 euro. In Cina una paga mediocre raggiunge i 200 euro. Il costo dell'affitto nelle case del popolo ammonta a 2 euro mensili.
Dove se sta meglio?

 

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