venerdì, febbraio 11, 2005

Forse l'africa ci può ancora donare speranze: per una visione rivoluzionaria delle pene

Quando il re del Marocco, che domino' in modo assoluto dal '56 al '99,mori', prese il suo posto il figlio, Mohammed IV. Subito dopo l'incoronazione egli pronuncio' un discorso nel quale criticava la mancanza di democrazia e i crimini compiuti dal regime del padre.A distanza di cinque anni il Marocco sta conoscendo una lenta rinascita.Ma per Mohammed IV non e' stato semplice liquidare l'oligarchia che aveva depredato il paese per trent'anni.E poi c'era il problema di cosa fare con gli esponenti del regime che si erano resi responsabili di assassinii e torture.La soluzione e' stata quella di creare un tribunale che processasse icolpevoli, senza poi punirli.Ai nostri occhi questa scelta puo' apparire sciocca, un modo astuto per fare finta di condannare gli amici del padre, sostanzialmente assolvendoli.Forse e' veramente cosi' ma c'e' un sospetto: che il nuovo Re stia cercando di realizzare qualche cosa di molto importante e molto difficile.In Africa esiste una cultura della vendetta completamente diversa dalla nostra. E se le gesta di Mohammed IV sembrano condizionate dalla sua oggettiva connivenza con il clan che appoggiava il padre, possiamo andare a vedere cosa ha fatto Mandela in Sud Africa.Anche li' si stanno svolgendo da anni i processi per i crimini enormidella dittatura razzista. Anche li' i colpevoli confessano le loro torture e omicidi davanti alle telecamere e alle loro vittime e poi non vengono puniti (ne abbiamo gia' parlato su queste pagine).Per capire che senso abbia questo comportamento bisogna fare un salto filosofico enorme.Le vittime di violenze terribili hanno una priorita' piu' importante della vendetta.La vendetta non riesce in alcun modo a sanare il trauma. La gente e' portata ad ascoltare le storie delle vittime con incredulita'. Davanti a narrazioni di torture e umiliazioni feroci viene da chiedersi: "Ma sara'tutto vero? Oppure esagera un po'?" E' importante capire che il dubbio che avvolge l'esperienza delle vittime e' peggiore dell'assenza di vendetta.La vittima ha necessita' che la societa' riconosca cio' che la vittima ha subito.Questo e' un passo essenziale per il processo di recupero psicologico dopo il trauma.Rende piu' facile "l'accettazione" di cio' che e' successo.Da' la possibilita' di ricomporre un quadro "accettabile" della realta'dopo che la violenza ha cancellato ogni fiducia nell'umanita'.L'esperienza della Seconda Guerra Mondiale ci ha mostrato come la via della persecuzione dei carnefici sia poco efficiente dal punto di vista delle vittime.Oggi infatti ci troviamo con un orrendo "revisionismo" che nega addirittura la realta' dei campi di sterminio e delle camere a gas.Ecco, questo e' l'obiettivo prioritario della scelta sudafricana:ottenere piena ammissione dell'orrore da parte dei criminali, provare al di la' di ogni dubbio l'effettiva consistenza dell'abuso.Nessuno potra' dubitare delle confessioni perche' i colpevoli hanno offerto confessioni non influenzate dalla volonta' di sfuggire alla punizione.E, a quanto pare, Mohammed IV sta proprio seguendo questa via ed e'riuscito a portare gli abusi, le uccisioni e le torture al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica marocchina con dibattiti televisivi e manifestazioni pubbliche.Solo una societa' che e' capace di affrontare la coscienza dei crimini contro l'Umanita', coinvolgendo la popolazione, puo' pensare di non sperimentare nuovamente quegli orrori.La filosofia della vendetta porta inevitabilmente ad altre violenze come la filosofia della rimozione.Tito per proteggere l'unita' nazionale della ex Jugoslavia, cerco' di cancellare la memoria dello sterminio di piu' di un milione di Serbi avvenuto durante l'ultima guerra a opera dei Croati filonazisti. Questo crimine taciuto ha covato sotto le ceneri per decenni prima di esplodere nelle guerre jugoslave e nella frammentazione del paese.Forse la via africana ci puo' dare speranze.

Jacopo Fo